martedì 17 maggio 2011

CONVEGNO INTERNAZIONALE SUI MATRIMONI FORZATI


VENERDì 27 MAGGIO 2011

“PER FORZA, NON PER AMORE”

Convegno internazionale sul tema dei matrimoni forzati

Sala "BCC Città e Cultura”
via Emilia 212, Imola (BO)

Il convegno si propone di dare voce alle storie delle giovani donne vittime di matrimoni forzati, facendo emergere con forza la presa di parola politica e di pratiche delle associazioni di donne migranti in Italia ed in altri Paesi, come l’Inghilterra e il Marocco.

A partire dall’esposizione della ricerca condotta dall’Associazione Trama di Terre nel 2009, in collaborazione con la regione Emilia Romagna, vogliamo fornire un quadro complessivo degli strumenti giuridici a disposizione in Italia e all'estero per la prevenzione e la protezione delle vittime.

Particolare attenzione verrà prestata ai casi concreti e alle difficoltà incontrate da chi raccoglie le denunce, accoglie le donne e ne sostiene i percorsi di autonomia per delineare corrette modalità di intervento.



PROGRAMMA DEL CONVEGNO

mattina

9,00: registrazione partecipanti

9,30: saluti delle autorità imolesi

9,45: Le politiche di inclusione dei/delle migranti in Emilia Romagna, Andrea Facchini, Servizio Politiche per l'Accoglienza e l'Integrazione Sociale - Regione Emilia Romagna

10,00: Prima di tutto le libertà femminili. Introduzione e presentazione della giornata, Tiziana Dal Pra - Presidente Associazione Trama di Terre

10,20: Per forza, non per amore. Matrimoni forzati in Emilia Romagna, Daniela Danna, ricercatrice, Università degli Studi di Milano

11,00: Contratto matrimoniale e scioglimento del vincolo nuziale nelle legislazioni marocchina e pakistana, Avv. Lorenzo Ascanio, Docente di Dirittto e Civiltà Islamica - Università degli Studi di Macerata

11,40: La tutela delle donne vittime di matrimoni forzati in Italia: il quadro giuridico, Barbara Spinelli (Avvocata, autrice di “Femminicidio”)

12,10: interventi dal pubblico

13,00: pausa pranzo

pomeriggio

14,30: Forced Marriage and Honour Crimes in the UK : l'esperienza delle organizzazioni delle donne di minoranza e la risposta dello stato, Meena Patel e Hannana Siddiqui (Southall Black Sisters, London, UK)

15,15: I matrimoni precoci in Marocco e le lotte delle associazioni femminili, anche alla luce del nuovo codice di famiglia, Mina Tafnout (Asociation Democratique des Femmes du Maroc, Rabat, Marocco)

15,40: I matrimoni precoci nel contesto rurale delle zone di Beni Mellal, Khouribga, Oued Zem e l'influenza sulle donne marocchine immigrate in Italia, Touria Tanani (associazione INSAT, Beni Mellal, Marocco)

16,00: interventi dal pubblico

16,30: Tavola rotonda: La scuola, la politica, il sociale e le pratiche femminili si confrontano a partire dai casi

Coordina: Tiziana Dal Pra (Presidente Associazione Trama di Terre)

Ne discutono: Barbara Spinelli (avvocata)

Raul Daoli (Sindaco del Comune di Novellara)

Paola Berni (Responsabile Settore Sociale Comune di Guastalla)


ISCRIVITI QUI


IL GIORNO SUCCESSIVO:



Quanto influiscono religione e tradizione nella piena attuazione dei diritti delle donne?
Esperienze di associazioni femminili laiche a contatto con pratiche religiose e tradizionali nei loro paesi

invito a seminario 28 maggio 2011

seminario di approfondimento rivolto a:
operatrici e operatori della Rete dei Centri Interculturali,
operatrici e operatori di centri antiviolenza e di comunità di accoglienza per donne e minori;
assistenti sociali;
realtà del terzo settore.

Temi trattati:

◦come le identità religiose o culturali rigidamente definite abbiano conseguenze limitanti per la libertà di scelta e di autodeterminazione delle donne;

◦strategie da adottare per la tutela e l’applicazione dei diritti delle donne in situazioni di conflitto dettate da tradizioni culturali e religiose discriminanti;

◦l’esperienza di lobbing delle associazioni di donne di minoranza nella creazione della legge inglese di contrasto ai matrimoni forzati e ai crimini d’onore;

◦dopo la stagione delle lotte per la riforma del codice di famiglia, mobilitazioni della società civile marocchina e delle associazioni delle donne per superare gli ostacoli alla sua applicazione e per la riforma del codice penale;

Formatrici:

◦Meena Patel (Southall Black Sisters - Londra - UK)

◦Hannana Siddiqui (Southall Black Sisters - Londra - UK)

◦Mina Tafnout (Association Democratique des Femmes du Maroc - Rabat - Marocco)

◦Touria Tanani (Associazione INSAT, pour femmes victimes des violence et mères célibataires - Beni Mellal - Marocco)

◦Tiziana Dal Pra (Associazione Trama di Terre)

la partecipazione al seminario è gratuita. E' previsto un numero massimo di 40 partecipanti, alle/ai quali verrà rilasciato un attestato di partecipazione. E' necessaria l'iscrizione da effettuarsi tramite questo sito entro il 23 maggio.

ISCRIVITI QUI
Per informazioni: 0542 28912; info@tramaditerre.org

Il seminario è finanziato dalla Regione Emilia Romagna all'interno del progetto della Rete Regionale dei Centri Interculturali: "Centri interculturali, pratiche culturali, puralismo religioso e rispetto della laicità"

Il seminario si svolgerà presso il Centro Interculturale delle donne di Trama di Terre
 via Aldrovandi 31, Imola (Bo) -








martedì 8 marzo 2011

Donne, la beffa del Governo

Nessuno si preoccupa di obbere agli accordi internazionali mentre ne 2010 sono morte 127 donne, il 6,7% in più.


di FLAVIA AMABILE
08.03.2011

Quanto interessa al mondo politico difendere l'immgine delle donne? Poco, si direbbe a giudicare quel che accade con il Cedaw, la Convenzione contro le discriminazioni sulla loro immagine nei mass media e nella pubblicità.

Il Cedaw è un organismo nato 30 anni fa e riconosciuto da 186 Paesi al mondo. Serve a cittadini e associazioni per denunciare di essere state vittime della violazione di uno qualsiasi dei diritti esposti nella Convenzione da parte dello Stato in questione. Ogni 4 anni gli Stati che hanno ratificato la CEDAW sono tenuti a presentare li Comitato per l’eliminazione delle discriminazioni sulle donne rapporti di valutazione dei progressi fatti nell’implementazione della Convenzione.

Nel 2005 il Comitato aveva sgridato con forza l'Italia su molti punti. Ecco le parole che usava:

- il Comitato trova che le sue osservazioni sulla bassa partecipazione delle donne nella vita pubblica e politica (paragrafo 355), e la mancanza di programmi per combattere gli stereotipi attraverso il sistema scolastico e per incoraggiare gli uomini a prendersi le loro responsabilità e condividere i lavori domestici, siano state affrontate in maniera del tutto inadeguata.

Permane la preoccupazione del Comitato sulla persistenza e pervasività dell’atteggiamento patriarcale e sul profondo radicamento di stereotipi inerenti i ruoli e le responsabilità delle donne e degli uomini nella famiglia e nella società.

Il Comitato è profondamente preoccupato anche dalla rappresentazione che viene data delle donne da parte dei mass media e della pubblicità, per il fatto che viene ritratta come oggetto sessuale e in ruoli stereotipati.

Il Comitato rimane profondamente preoccupato per la grave sotto-rappresentanza delle donne nelle cariche politiche e pubbliche, compresi gli enti elettivi, la magistratura, e a livello internazionale.

Che effetto hanno avuto queste parole? Nessuno. Il governo non ha diffuso né tradotto i rilievi del Comitato, ed è stato denunciato all'Onu per il suo comportamento. Nel 2009 l'esecutivo ha presentato un nuovo rapporto, come previsto dalla Convenzione. Ancora una volta nessuna diffusione né traduzione. Il prossimo luglio si attende la nuova risposta del Comitato.

E' lo stesso tipo di comportamento mostrato a proposito di Femmicidio. L'Italia ha il triste demerito di essere l'unico Paese UE insieme con il Portogallo a risultare assente dal database MDB (European mortality database) della ricerca WHO / Europe. Il governo non ha mai ritenuto che fosse il caso di mandare i suoi dati. E così chi vorrebbe cife aggiornate deve accontentarsi di poco o nulla.

Si riesce a sapere comunque qualcosa, nonostante la scarsità delle cifre disponibili. Ad esempio che l'Italia è pienamente nella media Ue come numero di donne uccise. Ha però un numero molto alto di delitti commessi da ex partner. Soltanto la Svezia ha la stessa incidenza. I giuristi specializzati nel settore sostengono che sia un problema legislativo. Quando una ex, spesso una donna che si sta separando, va a denunciare maltrattamenti non viene creduta perché si ritiene che sia una manovra per ottenere l'affidamento dei figli", spiega Barbara Spinelli, giurista, che oggi pomeriggio sarà alla presentazione del libro.

A dispetto delle strumentalizzazioni politiche, insomma, le donne continuano a morire. E sempre di più. Nel 2010 ne sono state uccise 127: il 6,7% in più rispetto a dodici mesi prima. Sono dati allarmanti ed esponenziali se consideriamo la crescita ininterrotta dal 2005 ad oggi.

La maggior parte delle vittime sono donne italiane (78%), così come la maggior parte degli uomini che le hanno uccise (79%). Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di mariti (22%), compagni, conviventi (9%) o ex (23%), ma anche figli (11%) e padri (2%); uomini con i quali le donne avevano una relazione molto stretta. C'è un'incapacità di accettare le separazioni (19%), gelosie (10%) e conflittualità (12%)







lunedì 7 marzo 2011

08.03.2011: a Fahrenheit si parla di CEDAW

I Cento anni dell'Otto Marzo a Fahrenheit.

Con Marisa Ombra, staffetta partigiana, e Alessandra Gissi, storica, per raccontare più di cento anni di lotta politica delle donne. Con Barbara Spinelli per parlare della CEDAW, la Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, e Giulia Selmi esperta di Pedagogia della differenza di genere per parlare di quanta storia c'è ancora da fare. Con Elena Sisti e Beatrice Costa, per parlare di donne che reggono il mondo e con le scrittrici Michela Murgia, Maria Pia Veladiano e Caterina Cavina per parlare di donne che il mondo lo raccontano.







STEERING ITALY AWAY FROM SHOWGIRLS

Articolo di Loredana Lipperini

New York Times, 7 marzo 2011


STEERING ITALY AWAY FROM SHOWGIRLS

ROME — Whoever asks how it is possible that so many young Italian women set their sights only on beauty may not be aware that for the past 15 years this has been the primary requisite of Italian girls. “Be beautiful” has been repeated to an entire generation by cartoon heroines; illustrated books explain to 4-year-olds how mascara is applied; and magazines for 12-year-olds give advice on oral sex.

Ten years ago, the 8-year-old contemporaries of Ruby Heart-Stealer — the 18-year-old Moroccan nightclub dancer at the center of the sex scandal involving Italian Prime Minister Silvio Berlusconi — were playing with dolls with the same names, looks and beauty kits as the veline, or showgirls, of “Striscia la notizia,” an Italian television program. The showgirls were and still are a model for thousands of young Italian girls.

These girls have been shaped by adult television, where women squat like animals under tables, are thrown seminaked under a shower or display their buttocks while climbing a ladder, all while television cameras zoom in on the lustful faces of male spectators. According to a study by Doxa, a market research firm, in 2008, “Striscia la notizia” ranked No. 2 out of the best-known programs for Italian children ages 5 to 13.

At the start of her career, Sara Tommasi, one of the showgirls involved in the scandal, declared, “My body is my business.” Yet, like many of the aspiring veline, she had just graduated with a degree in economics with excellent grades. The phenomenon is distressing, but understandable in a country where, even though more women than men have university degrees, only one in two women is employed and women face a greater risk of living in poverty than men; where equal pay does not exist; and where males outnumber women on news programs by three to one. In a culture that stresses family, women are expected to be caregivers and housewives, and often face discrimination in the workplace.

Italy’s women fare poorly even when compared to those in less developed countries. The World Economic Forum’s 2010 Gender Gap index put Italy in 74th place, behind the Philippines, Mozambique, Venezuela, Chile and Bulgaria. And Italy trails badly when it comes to shelters for abused women, with only one-tenth as many as the average in other European countries.

These shortfalls are part of life in a country where women’s issues are rarely taken seriously, especially in male-dominated politics. Few are aware that Italy ratified the Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination Against Women in 1985. Based on that treaty, efforts should have been made to ensure that discriminatory practices were curtailed, but Italy has done little on that front.

Change should start with the media. The images of women that dominate in advertising and other media are highly objectionable and there are no regulations that promote decency or prohibit highly sexualized advertising campaigns. A solar panel company was able to advertise with images of a nude woman on billboards with the slogan: “Mount me at zero cost.” A bottle of liqueur and a dark-skinned woman appeared in an advertisement below the slogan “Fatti la cubana,” (“Do the Cuban”) which is a play on words for a more vulgar expression.

But change is coming. The Internet may now be what shapes Italian women rather than television’s showgirls. It has become a resource for them, a place to explore their self-esteem and get more positive information. The week before the demonstrations against Berlusconi on February 13, hundreds of girls changed their Facebook avatars to images of important women in history: Hypatia, Rita Levi-Montalcini, Rosa Parks, Tina Modotti and Virginia Woolf. This was not just simple “click activism.”

Female Italian students are demanding equal opportunity in the work force and in imagery. In Piazza del Popolo in Rome, where thousands of women protested against a country that does not represent them, young women called for more diverse female television role models, not just fashion dolls. Prior to this, young female bloggers organized mail bombings at television stations that showed programs and commercials they considered offensive. Through fan fiction spread online, girls are creating new female role models, where heroines are not silent beauties.

The signs are hopeful, but more is needed, like laws guaranteeing female presence in leadership roles, especially in media, where insulting portrayal of women are firmly in the hands of men.

(Loredana Lipperini is a journalist, blogger and author of “Ancora dalla parte delle bambine” (“More from The Girls”) and “Non è un paese per vecchie” (“Not a Country for Old Women”).)



mercoledì 9 febbraio 2011

Foglia di fico? Tutta italiana! Il Governo e la protezione delle donne dalla violenza

di Tiziana Nardone - Dal Quaderno Settimanale n. 599


Ritardi inaccettabili e divulgazione internazionale opposta a quanto si professa in patria. E' colpa ministeriale. Il tono è lugubre? Sghignazziamo, allora: il Governo agisce in extremis nel dare attuazione a convenzioni internazionali. Per giustificare la sua scarsa azione se la prende con l'eccessivo sudditanza dell'Italia alla fede cattolica! Anzi, il Governo all'estero parla di doppio cognome per i figli, di adozione per single, di contratti di convivenza, insomma, il Governo attuale è 'progressista'!

Tornando al grigiore, invece, si potrebbe pensare che sia solo il metodo tutto italiano di sfuggire a qualche strigliata sovrannazionale... Che poi il ministro alle Pari Opportunità, Mara Carfagna, nel condannare immagini che sfruttino il corpo della donna, si ritrovi facile vittima di sarcasmi poco importa: si è in ritardo, bisogna provvedere. Detto, fatto. "Promuovere l'adozione di immagini e rappresentazioni che non contengano messaggi violenti o di incitazione alla violenza sulle donne. Tutelare la dignità della donna, nel rispetto delle pari opportunità, favorendo la diffusione di valori positivi sulla figura femminile. Invitare il mondo della pubblicità a una maggiore attenzione nella rappresentazione dei generi, che sia rispettosa di donne e uomini e coerente con l'evoluzione dei loro ruoli nella società": è scritto nel protocollo d’intesa che il 26 gennaio, a Palazzo Chigi, la Carfagna firma con Giorgio Floridia, presidente dell'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria.

L'accordo prevede che il Ministero per le Pari opportunità s’impegni a denunciare, anche su segnalazione dei cittadini, le comunicazioni commerciali lesive della dignità della donna o che contengano immagini e rappresentazioni di violenza contro le donne. Attraverso il protocollo viene istituito un comitato paritetico composto da tre rappresentanti del dipartimento per le Pari Opportunità e tre rappresentanti dell'Istituto che potrà chiedere il ritiro immediato di una pubblicità palesemente offensiva. Anche le campagne già affisse verranno oscurate, con conseguente danno economico per il censurato.

La presentazione del protocollo, però, è passata alle cronache per il battibecco tra una giornalista dell'Unità e la ministra del PDL: la prima pare abbia rinfacciato alla seconda la sua precedente carriera da showgirl. La Carfagna ha respinto le accuse alla mittente, affermando di non essere intenzionata a farsi strumentalizzare.

Ma la Carfagna è colpevole. Solo per ultima, però, e di altro. Non per l'uso del suo corpo, ma per il mancato esercizio delle sue facoltà. Nel 2005, infatti, il comitato ONU per l'attuazione della Cedaw (Convenzione per l'Eliminazione delle Discriminazioni Contro le Donne) raccomandava all'Italia di intervenire per eliminare gli stereotipi nella pubblicità. Il Governo italiano, prima con Prodi e poi con Berlusconi, non è intervenuto. Nel dicembre 2009, un comitato interministeriale ha presentato il Rapporto periodico sulle azioni compiute per attuare la Convenzione. Il resoconto non è stato esposto pubblicamente e non è stato tradotto dall'inglese.

Un gruppo di donne ha sottoscritto nel 'fascicolo ombra' da inviare al Cedaw** (lo 'shadow report', strumento utilizzato dalle organizzazioni internazionali. Viene redatto da esponenti della società civile e viene analizzato in contrapposizione a quello governativo per testarne la veridicità): "Lo Stato italiano non è stato in grado finora di affrontare il problema della rappresentazione sessista delle donne ampiamente diffusa in ogni forma di annuncio pubblicitario. I corpi nudi delle donne vengono utilizzati per vendere ogni tipo di prodotto. Non c’è alcun controllo preventivo per verificare se una pubblicità sia discriminatoria nei confronti delle donne: di conseguenza le pubblicità maschiliste e offensive restano esposte o vengono trasmesse a lungo. Sebbene sia possibile ricorrere all'istituto dell'autodisciplina pubblicitaria, gli stereotipi sessisti non sono esplicitamente vietati da un’apposita norma del relativo codice di autodisciplina".

Il Comitato Cedaw ha chiesto allora all'Italia di integrare il testo inviato, indicando come lo Stato stesse incoraggiando i media a salvaguardare la dignità umana e a mostrare ritratti di donne e uomini, positivi, equilibrati, di donne e uomini impegnati in tutte le sfere della vita.L'ONU, insomma, ha chiesto chiarimenti.

A gennaio, la firma del protocollo da parte della Carfagna. Facile sottolineare come ciò possa servire per la sessione di luglio 2011, quando il Comitato Cedaw, sentito il Governo, formulerà le sue Raccomandazioni finali all'Italia.

Le sorprese non sono destinate a finire. Leggendo il rapporto del Comitato interministeriale dei diritti umani per il Ministero degli Affari Esteri italiano, gli occhi si sbarrano. Il Governo scrive: "Punto 534 . Tutte le azioni legislative nel corso degli ultimi 25-30 anni, seppur frammentarie, sono ispirate ad un progressivo e sempre più significativo riconoscimento dell’unione di fatto come una relazione liberamente scelta, cioè, un centro istituzionale di affetto e di solidarietà basato sul consenso delle parti che è considerato valido fino a che tale consenso rimane. Punto 535. Questo percorso è ancora in divenire, perché l’Italia è influenzata molto più di altri Paesi europei dalla presenza della Chiesa Cattolica e dalla sua influenza sulla società civile. Punto 536. Degno di menzione è il dibattito in corso sulla possibilità di adozione da parte di single, tra cui donne single". C'è qualche foglia di fico di troppo.


Fonte: http://www.ilquaderno.it/foglia-fico-tutta--italiana-il-governo--protezione-delle--donne-dalla-violenza-55459.html

Vedi anche:   http://vitadastreghe.blogspot.com/2011/01/protocollo-iap-ministero-pari.html

** Nota mia: Il gruppo di donne siamo noi di "Lavori in Corsa", e la citazione è tratta dalla lista delle questione critiche inviata al comitato CEDAW - lo shadow report lo stiamo preparando :-) - Lista che si trova qui: http://www.scribd.com/doc/47676324/ListaQuestioniCritiche-CEDAWItalia








giovedì 27 gennaio 2011

L'attuazione della CEDAW in Italia

di Barbara Spinelli

Se le discriminazioni basate sul genere e sull'orientamento sessuale persistono, è soprattutto perchè le Istituzioni hanno posto in essere azioni inefficaci e/o insufficienti per decostruire quegli stereotipi sul ruolo della donna che stanno alla base di ogni violenza e discriminazione, di ogni esclusione sociale delle donne.
Oggi più che mai noi donne italiane possiamo  affermare che se le discriminazioni basate sul genere e sull'orientamento sessuale sembrano acuirsi, è anche perchè esse vengono riproposte direttamente (con pensieri, parole opere e omissioni, verrebbe  sacrilegamente da afffermare) anche da coloro che, rappresentando le Istituzioni, dovrebbero invece adoperarsi per contrastarle.
L'Italia ha ratificato la CEDAW il 10.06.1985 e aderito al Protocollo Opzionale il 29.10.2002.
Gli Stati che hanno ratificato la CEDAW e le altre carte regionali a tutela dei diritti delle donne, si sono assunti un obbligo ben preciso: adoperarsi affinché le donne abbiano cittadinanza, ovvero affinché possano in concreto godere dei loro diritti fondamentali. Il che implica per lo Stato l’obbligo di attivarsi per rimuovere le situazioni discriminatorie non solo attraverso modifiche normative ma anche e soprattutto promuovendo un cambiamento culturale, riconoscendo che la libertà di scelta della donna, la sua integrità psico-fisica, sono valori assoluti, che vanno riconosciuti senza lasciar spazio a compromessi di tipo morale o religioso.
Per la sua specificità di genere, la CEDAW costituisce anche un importante strumento di lobby per richiamare le Istituzioni, nazionali e locali, ad una corretta gestione delle risorse riservate alle politiche di pari opportunità, e per verificare che gli obbiettivi delle politiche e delle riforme normative in materia di pari opportunità rispondano alle linee guida indicate periodicamente dal Comitato per l’applicazione della CEDAW.
Nel 2005, il Comitato per l'attuazione della CEDAW formulava queste raccomandazioni all'Italia: http://files.giuristidemocratici.it/giuristi/Zfiles/ggdd_20061122082612.pdf
Il Governo non le tradusse, nè le diffuse. Io per prima, insieme ai Giuristi Democratici, iniziai a denunciare questa grave inadempienza, grazie alla quale era possibile che le politiche in materia di pari opportunità nazionali continuassero a seguire traiettorie ed obiettivi assai lontani dalle priorità indicate dalla CEDAW.
Oggi, nel 2010, dopo che tale inadempienza è stata denunciata sia mediante una interrogazione parlamentare, sia all'ONU, la lista delle raccomandazioni è stata finalmente  pubblicata qui:
Nel dicembre 2010  il Governo italiano ha presentato il Rapporto periodico sulle azioni compiute per attuare la Convenzione. Ancora una volta, nè il rapporto è stato presentato pubblicamente, nè tantomeno è stato tradotto.
Qui trovate la versione ufficiale in inglese: http://www.scribd.com/doc/47717741/6rapportoItaliasullaCEDAW
Qui trovate una traduzione volontaria di Padovadonne: http://www.padovadonne.it/category/politica/cedaw/
Un nutrito gruppo di giovani attiviste riunite nella piattaforma  "Lavori in corsa" ( http://www.womenin.net/web/cedaw/ ) sta consultando la società civile per compilare un Rapporto ombra che metta in luce le violaizoni più significative dei diritti sanciti dalla Cedaw, e quelle aree dove l'intervento istituzionale è stato assente o contrastante con la Convenzione.
In via preliminare al Rapporto ombra, la piattaforma ha presentato una lista di temi critici sui quali focalizzare l'attenzione del Comitato.
Sulla scorta di queste segnalazioni, il Comitato ha posto al Governo alcuni chiarimenti riguardo ad aspetti più specifici. Le domande poste dal Comitato al Governo le trovate qui: http://www.scribd.com/doc/47718035/CEDAW-Committee-List-of-issues-and-questions-with-regard-to-the-consideration-of-sixth-periodic-report-of-Italy
A luglio, nella sessione 49ma, il Comitato CEDAW, presa visione del Rapporto Ombra che verrà consegnato dalla piattaforma italiana, e sentito il Governo, formulerà le sue Raccomandazioni finali all'Italia, che costituiranno (dovrebbero costituire!) le linee guida per le politiche di pari opportunità dei prossimi 4 anni.

sabato 13 novembre 2010

UN elects Executive Board of new agency for women’s empowerment

10 November 2010 – Member States today took the next step in enabling the newly-created United Nations agency on gender equality and women’s empowerment to begin its work by electing countries to serve on its Executive Board.

The elections, held in the 54-member Economic and Social Council (ECOSOC), will enable the new Board to come together prior to the official establishment on 1 January 2011 of the UN Entity for Gender Equality and the Empowerment of Women (UN Women).

The 41 board members were selected on the following basis: 10 from Africa, 10 from Asia, 4 from Eastern Europe, 6 from Latin America and the Caribbean, 5 from Western Europe and 6 from contributing countries.

Elected from the African Group were Angola, Cape Verde, Congo, Côte d’Ivoire, Democratic Republic of the Congo (DRC), Ethiopia, Lesotho, Libya, Nigeria and Tanzania.

Bangladesh, China, India, Indonesia, Kazakhstan, Japan, Malaysia, Pakistan, Republic of Korea and Timor-Leste were elected from among the Asian States.

Estonia, Hungary, Russia and Ukraine were elected from among the Eastern European States, while Denmark, France, Italy, Luxembourg and Sweden were elected from the Western European and Other States.

In addition, the Council elected Argentina, Brazil, Dominican Republic, El Salvador, Grenada and Peru from the group of Latin American and Caribbean States.

The Council also elected Mexico, Norway, Saudi Arabia, Spain, United Kingdom and United States from among the “contributing countries,” for three-year terms beginning today.

The 35 members elected from the regional groups will serve two-year and three-years, beginning today, as determined by the drawing of lots.

Chosen to serve two-year terms were Argentina, Bangladesh, Brazil, Côte d’Ivoire, DRC, El Salvador, Estonia, France, India, Italy, Lesotho, Libya, Malaysia, Pakistan, Russia, Tanzania and Timor-Leste.

Angola, Cape Verde, China, Congo, Denmark, Dominican Republic, Ethiopia, Grenada, Hungary, Indonesia, Japan, Kazakhstan, Luxembourg, Nigeria, Peru, Republic of Korea, Sweden and Ukraine were selected to serve three-year terms.

Headed by former Chilean president Michelle Bachelet, UN Women is the merger of the UN Development Fund for Women (UNIFEM), the Division for the Advancement of Women (DAW), the Office of the Special Adviser on Gender Issues, and the UN International Research and Training Institute for the Advancement of Women (UN-INSTRAW).

The new agency was established on 2 July by a unanimous vote of the General Assembly to oversee all of the world body’s programmes aimed at promoting women’s rights and their full participation in global affairs. One of its goals will be to support the Commission on the Status of Women and other inter-governmental bodies in devising policies.

It will also aim to help Member States implement standards, provide technical and financial support to countries which request it, and forge partnerships with civil society. Within the UN, it will hold the world body accountable for its own commitments on gender equality.

In carrying out its functions, UN Women will be working with an annual budget of at least $500 million – double the current combined resources of the four agencies it comprises.
 
Fonte: UN News