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martedì 5 giugno 2012

Affido condiviso: il ddl 957 viola i diritti di donne e bambini, il Senato rispetti le Raccomandazioni ONU

Il giorno 5 giugno 2012 è prevista la ricalendarizzazione alla Commissione Giustizia del Senato, in sede referente, del disegno di legge 957 in materia di affido condiviso.

Questo disegno di legge ha come scopo la modifica della legge n. 54/2006 in materia di affido condiviso.

Sulla dubbia costituzionalità del testo e sulle enormi criticità delle disposizioni che vorrebbe introdurre, si sono già ampliamente espresse, anche in sede di audizione parlamentari, associazioni importanti come l’AIAF e l’OUA.

A me in questa sede interessa evidenziare come già la legge 54/2006, allo stato dei fatti, si presenti come gravemente lesiva dei diritti fondamentali di donne e bambini, ed in particolare presenti profili di illegittimità costituzionale alla luce dell’art. 16 della Convenzione ONU per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione dei confronti della donna (CEDAW).

In particolare, già nel Rapporto Ombra sull’implementazione della CEDAW in Italia redatto con la Piattaforma “30 anni CEDAW: Lavori in corsa”, abbiamo osservato come (e cito integralmente) “l’attuale disciplina sull’affido condiviso, non prevedendo esplicitamente che nei casi di maltrattamento, abuso dei mezzi di correzione, violenze sessuali, violenze fisiche, deve essere escluso l’affido condiviso, da un lato viola i diritti dei minori a una vita libera da ogni forma di violenza, dall’altro non tutela le donne vittime di violenza domestica ed anzi le espone ad un incremento del rischio di violenza da parte dell’ex coniuge a causa della gestione condivisa dei minori imposte dalla legge.

In Italia non è ancora un dato acquisito dai tribunali, dai servizi sociali e dall’opinione pubblica il collegamento diretto tra la violenza subita dalle madri e le gravi conseguenze di tipo psicologico, fisico, sociale e cognitivo sui figli, nel breve e lungo termine. Anche il rifiuto del bambino di incontrare il padre maltrattante o abusante viene spesso interpretato dai giudici e dal servizio sociale come condizionamento psicologico del bambino ad opera della madre (PAS- Parental alienation syndrome).

Il mancato riconoscimento del confine tra violenza di genere e conflittualità coniugale determina la stigmatizzazione della donna che denuncia la violenza subita su di sé o sui propri figli in sede di separazione, poiché ci si aspetta che la donna aderisca alla logica della composizione familiare.

Qualsiasi tentativo da parte della donna di far emergere il vissuto di violenza che ha caratterizzato la vita coniugale viene interpretata dalle difese dei padri separati (nell’ambito dei procedimenti di affido) come una finzione inscenata dalla donna al fine a eludere la legge sull’affido condiviso, motivata dalla sindrome di alienazione parentale”.

Il disegno di legge n. 957, andrebbe ad aggravare questo quadro già di per sé plumbeo.

Sempre citando il Rapporto Ombra:
"Padri e madri hanno entrambi e insieme un ruolo da svolgere verso i loro figli, e sarebbe veramente pericoloso, anche sul piano sociale, se mediante l’approvazione di tale disegno di legge si desse spazio a “guerre di parte” dei padri contro le madri, fondate su motivazioni che riguardano gli aspetti economici della separazione, e non le esigenze dei figli .

Questo disegno di legge, promosso con forza dalle associazioni dei padri separati, se approvato,determinerebbe una condizione della donna separata di sudditanza nei confronti dell’ex coniuge, e della sua famiglia di origine. Infatti la donna per ottenere l’affido condiviso non solo dovrebbe conciliare i propri interessi con quelli dell’ex coniuge, ma anche con quelli dei nonni, ai quali con la nuova legge verrebbe riconosciuta la possibilità di agire in giudizio per affermare il proprio diritto di visita.

Questo significa una ulteriore limitazione per la donna nella scelta del luogo dove radicare la propria vita e i propri interessi dopo la fine del matrimonio.

Inoltre, per mantenere l’assegnazione della casa familiare in caso di affido condiviso, la donna dovrebbe rinunciare a radicare in quella casa una nuova convivenza more uxorio. E’ evidente che questo disegno di legge chiede alla donna, se vuole restare madre affidataria, di rinunciare a ricostruirsi una nuova vita affettiva. L’ex coniuge in questo modo, mediante il ricatto dell’affido condiviso, mantiene di fatto un controllo fortissimo sulla nuova vita della sua ex moglie. Questo controllo, oltre a essere eccessivamente limitativo della sfera di autodeterminazione della donna in condizioni di normalità, costituisce un vero e proprio fattore di rischio di rivittimizzazione per quei casi in cui la donna abbia denunciato l’ex coniuge per violenza e, nel caso lo stesso abbia ottenuto comunque l’affido condiviso, si trovi costretta al suo controllo.

La proposta di legge, qualora approvata, obbligherebbe anche la donna che ha subito violenza ( e l’ha denunciata) a sedersi a un tavolo con il proprio aggressore e contrattare con lui le condizioni dell’affido, perché la mediazione sarebbe obbligatoria anche nei casi in cui la donna ha subito violenza.

Oltre a non prevedere la violenza di genere come causa di esclusione dell’affidamento condiviso, il disegno di legge 957 chiede il riconoscimento della sindrome di alienazione genitoriale (PAS) come causa di esclusione dell’affidamento.

Valutare l'affido dei bambini sulla base di una sindrome non riconosciuta nell'albo psichiatrico, portata avanti in America e ora anche in Italia dalle organizzazioni dei padri separati, significa privare i bambini della possibilità di difendersi nei casi di violenze subite dai padri.

In pratica significa che in qualunque procedimento di affido, se il bambino rifiuta di vedere il padre e se viene denunciato un abuso, un atto di pedofilia o di molestia sessuale, il padre ricorrerà alla PAS per dire sempre e comunque che si tratta di "condizionamento della volontà del minore" da parte della madre.

Con l’ulteriore grave conseguenza che, sulla base della diagnosi di una malattia che non esiste (in quanto non è inserita nel DSM), il giudice, senza poter valutare altri elementi ai sensi dell’art. art. 155 c.c., in violazione delle garanzie costituzionali ex art.111 Cost. , sarebbe costretto ad escludere la donna dalle decisione relativi ai figli e dal diritto di visita nei confronti dei figli”.

In Italia dietro ad un numero significativo di separazioni e divorzi si nasconde l’addio di una donna ad una situazione di maltrattamenti, molto spesso violenze morali ed economiche che i figli hanno sistematicamente subito, assistendovi, che la donna, per una serie svariata di motivi, sceglie di non denunciare.

Di questo pregresso, per quanto non denunciato, si dovrebbe però tenere conto in sede di affidamento dei minori. Spesso non è così.

Anzi, in Italia accade ben di peggio.

Accade che, anche davanti a ex coniugi condannati per reati gravi, quali maltrattamenti ed altre forme di violenza nelle relazioni di intimità, spesso agite nei confronti della partner, ma alle quali sistematicamente spesso hanno assistito anche i figli, assorbendo e subendo i danni di quel clima, i magistrati valutino questi soggetti maltrattanti genitori “adeguati”.

E’ così che, anche davanti al netto rifiuto dei minori, questi vengono comunque obbligati per legge a continuare la convivenza anche con quel genitore del quale evidentemente hanno paura, e che spesso li userà come strumento per continuare indirettamente lo stalking e la violenza psicologica nei confronti della ex.

Tutto questo perché la legge non prevede esplicitamente come causa di esclusione dell’affido condiviso neanche la condanna passata in giudicato di uno dei coniugi per reati che integrano violenza nelle relazioni di intimità (maltrattamenti, stalking ecc.).

Tantomeno alla condanna definitiva per questi reati si associa ex lege la sospensione o la decadenza dalla potestà genitoriale.

Così però dovrebbe essere in un Paese civile, che davvero voglia fare qualcosa di costruttivo e di sensato per prevenire il femminicidio (in aumento quelli commessi nel momento in cui la donna decide di separarsi, spesso con i figli come vittime collaterali) e garantire in concreto il diritto di donne e bambini a una vita libera dalla violenza.

A ricordare alle Istituzioni questa precisa obbligazione assunta attraverso la ratifica della CEDAW (nel lontano 1985) è proprio il Comitato CEDAW, che nella raccomandazione n. 50/2011 rivolta allo Stato italiano si è detto “preoccupato per la mancanza di studi sugli effetti di questo cambiamento legale, in particolare alla luce di ricerche comparative che indichino gli effetti negativi sui minori, specialmente sui bambini più piccoli, in caso di imposizione dell’affido condiviso”. Il Comitato inoltre ha espresso la propria preoccupazione “per il fatto che, nell’ambito dei procedimenti relativi all’affido condiviso, in caso di presunti episodi di abuso sui minori, possano essere prodotte consulenze basate sulla dubbia teoria della Sindrome da Alienazione Parentale”.

Il Comitato CEDAW nell’Osservazione conclusiva n. 51/2011 ha chiesto all’Italia di “valutare le modifiche normative in materia di affido condiviso dei minori, attraverso studi scientifici, al fine di valutare gli effetti di lungo termine sulle donne e sui minori, tenendo in considerazione l’esperienza registrata negli altri Paesi su queste problematiche”.

Peraltro l’Italia ha firmato la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla Prevenzione e la Lotta alla Violenza nei confronti delle donne e sulla Violenza Domestica, che, quando verrà ratificata, imporrà alle Istituzioni italiane, ai sensi dell’art. 31, sia l’adozione di le misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che l'esercizio dei diritti di visita o di custodia dei figli non comprometta i diritti e la sicurezza della vittima o dei bambini, sia di garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di violenza nei confronti delle donne e di violenza domestica.

E allora noi società civile dobbiamo pretendere con fermezza che il Parlamento rispetti le Raccomandazioni ONU ed i principi e le linee guida sancite a livello internazionale circa la protezione di donne e minori in fase di separazione e divorzio.

Due di questi sono imprescindibili: divieto assoluto di mediazione nelle ipotesi di violenza nelle relazioni di intimità, esclusione dall’affido del genitore condannato con sentenza passata in giudicato per fatti di violenza nei confronti dell’altro coniuge.

Sulla riforma della legge sull’affido condiviso in senso garantista di questi principi dovrebbe discutere il Senato, e non certo su di un disegno di legge che introdurrebbe ulteriori e più gravi elementi di rivittimizzazione secondaria nei confronti di donne e minori, in aperta violazione di quelle raccomandazioni CEDAW cui i parlamentari avrebbero invece il dovere di dare attuazione.

La Piattaforma CEDAW, i Giuristi Democratici e la società civile tutta dobbiamo mantenere alta l’attenzione per evitare che, nel più totale disinteresse istituzionale per il numero crescente di femminicidi che riempie le pagine di cronaca, attraverso l’adozione di questo disegno di legge si consumi l’ennesima forma di femminicidio istituzionale, che avrebbe ricadute dirette e gravissime sulla situazione di migliaia di donne e bambini.


05.06.2012
Avv. Barbara Spinelli
Giuristi Democratici – Piattaforma “Lavori in corsa: 30 anni CEDAW”

 
LINK

Il testo delle Raccomandazioni CEDAW all’Italia

Il Rapporto Ombra presentato all’ONU dalla Piattaforma “Lavori in corsa: 30 anni CEDAW” (pp.108-110)

Il disegno di legge 957 in discussione al Senato
Il testo
I documenti acquisiti
L’iter legislativo

martedì 12 luglio 2011

Presentato il Rapporto Ombra sulla attuazione della CEDAW a New York

Oggi, 11 Luglio 2011 presso le Nazioni Unite, a New York, si è aperta la 49esima sessione CEDAW.

Il Comitato di 23 esperti, 22 donne ed un uomo, è presieduto da Silvia Pimentel del Brasile.

In questa sessione il Comitato esaminerà l'attuazione della Convenzione, lo sviluppo e l’attuazione dei diritti delle donne in Costa Rica, Zambia, Italia Etiopia, Republica di Corea, Nepal, Djibouti e Singapore.

Qui il discorso di apertura della Presidente Silvia Pimentel.
Qui le dichiarazioni di apertura dell'Assistente del Segretario Generale, Ivan Simonovic.

Sono tanti i temi trattati, tra questi la violenza di genere, la partecipazione politica, leggi che discriminano la donna nel matrimonio, l’eliminazione degli stereotipi di genere.
Al termine della sessione, dopo aver consultato le rappresentanti che sono qui a NY delle diverse società civili, e avviato un dialogo costruttivo con i governi degli Stati esaminati, il Comitato CEDAW formulerà le Osservazioni Conclusive per ogni Stato, con incluse le raccomandazioni che lo Stato è obbligato a tenere in considerazione per l’attuazione della Convenzione e lo sviluppo delle politiche di pari opportunità, ai sensi della Convenzione e del suo Protocollo Opzionale.

L’11 luglio è stato il giorno dedicato all’intervento della società civile: Costa Rica, Italia, Zambia e Etiopia hanno presentato i loro oral statement (dichiarazioni orali) relative al rapporto ombra presentato al Comitato CEDAW in cui si sottolineano i punti critici principali.

Per l’Italia sono stati presentait tre rapporti ombra.

Il rapporto della piattaforma “30 anni CEDAW – Lavori in corsa” rappresentata a New York da Claudia Signoretti e Simona Lanzoni (Fondazione Pangea) e Barbara Spinelli (Giuristi Democratici) analizza la situazione dei diritti delle donne in Italia riconosciuti da tutti gli articoli della Convenzione.

Inoltre è stato presentato il rapporto sulla tossicodipendenza e la sieropositività delle donne e il sistema di giustizia penale (Associazione Internazionale per la riduzione del danno, Giuristi Democratici, Associazione Itaca e Antigone) e il rapporto sulle donne Rom (European Roma Rights Centre).

Il discorso tenuto dalla piattaforma “30 anni CEDAW – Lavori in corsa” si è focalizzato su:

· l’implementazione della CEDAW e la promozione dei diritti delle donne;

· lavoro e welfare,

· partecipazione politica delle donne,

· diritti sessuali e riproduttivi,

· protezione delle donne dalla violenza maschile,

· tratta e prostituzione.

È la prima volta da quando nel 1985  l'Italia ha ratificato la Convenzione che la società civile e in particolare l’associazionismo femminile italiano partecipa alla sessione CEDAW presentando il proprio Rapporto Ombra al Comitato.

Al Rapporto Ombra della Piattaforma CEDAW hanno aderito oltre un centinaio di organizzazioni e molte persone, di tutti i sessi e orientamenti sessuali.
È stato espresso grande interesse per le attività svolte dalla Piattaforma per l’attuazione della Convenzione in Italia e per le questioni sollevate nel Rapporto e nell’Oral statement (che a breve verrà pubblicato in italiano).

L’emozione è grande e il lavoro da fare ancora molto…

lunedì 23 maggio 2011

CONSULTAZIONI SULLO STATO DI ATTUAZIONE DELLA CEDAW IN ITALIA

A che punto siamo con l'attuazione della CEDAW in Italia?
http://gdcedaw.blogspot.com/2011/01/lattuazione-della-cedaw-in-italia.html
http://gdcedaw.blogspot.com/2011/01/lattuazione-della-cedaw-in-italia.html

Quali sono le questioni critiche da afforontare?
http://www.scribd.com/doc/47676324/ListaQuestioniCritiche-CEDAWItalia

Lo Shadow Report sulla CEDAW (Convenzione ONU per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione sulla donna) verrà discusso a luglio a New York, nella 49ma sessione di riunione del Comitato CEDAW presso le Nazioni Unite.


In allegato, troverete l'invito all'evento e la scheda di iscrizione; le consultazioni si  terranno:
30 maggio a Roma
31 maggio a Milano

Se volete contribuire all'analisi e aderire al Rapporto, iscrivetevi ai workshop!

QUI LA SCHEDA DI ISCRIZIONE
QUI L'INVITO



mercoledì 9 febbraio 2011

Foglia di fico? Tutta italiana! Il Governo e la protezione delle donne dalla violenza

di Tiziana Nardone - Dal Quaderno Settimanale n. 599


Ritardi inaccettabili e divulgazione internazionale opposta a quanto si professa in patria. E' colpa ministeriale. Il tono è lugubre? Sghignazziamo, allora: il Governo agisce in extremis nel dare attuazione a convenzioni internazionali. Per giustificare la sua scarsa azione se la prende con l'eccessivo sudditanza dell'Italia alla fede cattolica! Anzi, il Governo all'estero parla di doppio cognome per i figli, di adozione per single, di contratti di convivenza, insomma, il Governo attuale è 'progressista'!

Tornando al grigiore, invece, si potrebbe pensare che sia solo il metodo tutto italiano di sfuggire a qualche strigliata sovrannazionale... Che poi il ministro alle Pari Opportunità, Mara Carfagna, nel condannare immagini che sfruttino il corpo della donna, si ritrovi facile vittima di sarcasmi poco importa: si è in ritardo, bisogna provvedere. Detto, fatto. "Promuovere l'adozione di immagini e rappresentazioni che non contengano messaggi violenti o di incitazione alla violenza sulle donne. Tutelare la dignità della donna, nel rispetto delle pari opportunità, favorendo la diffusione di valori positivi sulla figura femminile. Invitare il mondo della pubblicità a una maggiore attenzione nella rappresentazione dei generi, che sia rispettosa di donne e uomini e coerente con l'evoluzione dei loro ruoli nella società": è scritto nel protocollo d’intesa che il 26 gennaio, a Palazzo Chigi, la Carfagna firma con Giorgio Floridia, presidente dell'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria.

L'accordo prevede che il Ministero per le Pari opportunità s’impegni a denunciare, anche su segnalazione dei cittadini, le comunicazioni commerciali lesive della dignità della donna o che contengano immagini e rappresentazioni di violenza contro le donne. Attraverso il protocollo viene istituito un comitato paritetico composto da tre rappresentanti del dipartimento per le Pari Opportunità e tre rappresentanti dell'Istituto che potrà chiedere il ritiro immediato di una pubblicità palesemente offensiva. Anche le campagne già affisse verranno oscurate, con conseguente danno economico per il censurato.

La presentazione del protocollo, però, è passata alle cronache per il battibecco tra una giornalista dell'Unità e la ministra del PDL: la prima pare abbia rinfacciato alla seconda la sua precedente carriera da showgirl. La Carfagna ha respinto le accuse alla mittente, affermando di non essere intenzionata a farsi strumentalizzare.

Ma la Carfagna è colpevole. Solo per ultima, però, e di altro. Non per l'uso del suo corpo, ma per il mancato esercizio delle sue facoltà. Nel 2005, infatti, il comitato ONU per l'attuazione della Cedaw (Convenzione per l'Eliminazione delle Discriminazioni Contro le Donne) raccomandava all'Italia di intervenire per eliminare gli stereotipi nella pubblicità. Il Governo italiano, prima con Prodi e poi con Berlusconi, non è intervenuto. Nel dicembre 2009, un comitato interministeriale ha presentato il Rapporto periodico sulle azioni compiute per attuare la Convenzione. Il resoconto non è stato esposto pubblicamente e non è stato tradotto dall'inglese.

Un gruppo di donne ha sottoscritto nel 'fascicolo ombra' da inviare al Cedaw** (lo 'shadow report', strumento utilizzato dalle organizzazioni internazionali. Viene redatto da esponenti della società civile e viene analizzato in contrapposizione a quello governativo per testarne la veridicità): "Lo Stato italiano non è stato in grado finora di affrontare il problema della rappresentazione sessista delle donne ampiamente diffusa in ogni forma di annuncio pubblicitario. I corpi nudi delle donne vengono utilizzati per vendere ogni tipo di prodotto. Non c’è alcun controllo preventivo per verificare se una pubblicità sia discriminatoria nei confronti delle donne: di conseguenza le pubblicità maschiliste e offensive restano esposte o vengono trasmesse a lungo. Sebbene sia possibile ricorrere all'istituto dell'autodisciplina pubblicitaria, gli stereotipi sessisti non sono esplicitamente vietati da un’apposita norma del relativo codice di autodisciplina".

Il Comitato Cedaw ha chiesto allora all'Italia di integrare il testo inviato, indicando come lo Stato stesse incoraggiando i media a salvaguardare la dignità umana e a mostrare ritratti di donne e uomini, positivi, equilibrati, di donne e uomini impegnati in tutte le sfere della vita.L'ONU, insomma, ha chiesto chiarimenti.

A gennaio, la firma del protocollo da parte della Carfagna. Facile sottolineare come ciò possa servire per la sessione di luglio 2011, quando il Comitato Cedaw, sentito il Governo, formulerà le sue Raccomandazioni finali all'Italia.

Le sorprese non sono destinate a finire. Leggendo il rapporto del Comitato interministeriale dei diritti umani per il Ministero degli Affari Esteri italiano, gli occhi si sbarrano. Il Governo scrive: "Punto 534 . Tutte le azioni legislative nel corso degli ultimi 25-30 anni, seppur frammentarie, sono ispirate ad un progressivo e sempre più significativo riconoscimento dell’unione di fatto come una relazione liberamente scelta, cioè, un centro istituzionale di affetto e di solidarietà basato sul consenso delle parti che è considerato valido fino a che tale consenso rimane. Punto 535. Questo percorso è ancora in divenire, perché l’Italia è influenzata molto più di altri Paesi europei dalla presenza della Chiesa Cattolica e dalla sua influenza sulla società civile. Punto 536. Degno di menzione è il dibattito in corso sulla possibilità di adozione da parte di single, tra cui donne single". C'è qualche foglia di fico di troppo.


Fonte: http://www.ilquaderno.it/foglia-fico-tutta--italiana-il-governo--protezione-delle--donne-dalla-violenza-55459.html

Vedi anche:   http://vitadastreghe.blogspot.com/2011/01/protocollo-iap-ministero-pari.html

** Nota mia: Il gruppo di donne siamo noi di "Lavori in Corsa", e la citazione è tratta dalla lista delle questione critiche inviata al comitato CEDAW - lo shadow report lo stiamo preparando :-) - Lista che si trova qui: http://www.scribd.com/doc/47676324/ListaQuestioniCritiche-CEDAWItalia








giovedì 27 gennaio 2011

L'attuazione della CEDAW in Italia

di Barbara Spinelli

Se le discriminazioni basate sul genere e sull'orientamento sessuale persistono, è soprattutto perchè le Istituzioni hanno posto in essere azioni inefficaci e/o insufficienti per decostruire quegli stereotipi sul ruolo della donna che stanno alla base di ogni violenza e discriminazione, di ogni esclusione sociale delle donne.
Oggi più che mai noi donne italiane possiamo  affermare che se le discriminazioni basate sul genere e sull'orientamento sessuale sembrano acuirsi, è anche perchè esse vengono riproposte direttamente (con pensieri, parole opere e omissioni, verrebbe  sacrilegamente da afffermare) anche da coloro che, rappresentando le Istituzioni, dovrebbero invece adoperarsi per contrastarle.
L'Italia ha ratificato la CEDAW il 10.06.1985 e aderito al Protocollo Opzionale il 29.10.2002.
Gli Stati che hanno ratificato la CEDAW e le altre carte regionali a tutela dei diritti delle donne, si sono assunti un obbligo ben preciso: adoperarsi affinché le donne abbiano cittadinanza, ovvero affinché possano in concreto godere dei loro diritti fondamentali. Il che implica per lo Stato l’obbligo di attivarsi per rimuovere le situazioni discriminatorie non solo attraverso modifiche normative ma anche e soprattutto promuovendo un cambiamento culturale, riconoscendo che la libertà di scelta della donna, la sua integrità psico-fisica, sono valori assoluti, che vanno riconosciuti senza lasciar spazio a compromessi di tipo morale o religioso.
Per la sua specificità di genere, la CEDAW costituisce anche un importante strumento di lobby per richiamare le Istituzioni, nazionali e locali, ad una corretta gestione delle risorse riservate alle politiche di pari opportunità, e per verificare che gli obbiettivi delle politiche e delle riforme normative in materia di pari opportunità rispondano alle linee guida indicate periodicamente dal Comitato per l’applicazione della CEDAW.
Nel 2005, il Comitato per l'attuazione della CEDAW formulava queste raccomandazioni all'Italia: http://files.giuristidemocratici.it/giuristi/Zfiles/ggdd_20061122082612.pdf
Il Governo non le tradusse, nè le diffuse. Io per prima, insieme ai Giuristi Democratici, iniziai a denunciare questa grave inadempienza, grazie alla quale era possibile che le politiche in materia di pari opportunità nazionali continuassero a seguire traiettorie ed obiettivi assai lontani dalle priorità indicate dalla CEDAW.
Oggi, nel 2010, dopo che tale inadempienza è stata denunciata sia mediante una interrogazione parlamentare, sia all'ONU, la lista delle raccomandazioni è stata finalmente  pubblicata qui:
Nel dicembre 2010  il Governo italiano ha presentato il Rapporto periodico sulle azioni compiute per attuare la Convenzione. Ancora una volta, nè il rapporto è stato presentato pubblicamente, nè tantomeno è stato tradotto.
Qui trovate la versione ufficiale in inglese: http://www.scribd.com/doc/47717741/6rapportoItaliasullaCEDAW
Qui trovate una traduzione volontaria di Padovadonne: http://www.padovadonne.it/category/politica/cedaw/
Un nutrito gruppo di giovani attiviste riunite nella piattaforma  "Lavori in corsa" ( http://www.womenin.net/web/cedaw/ ) sta consultando la società civile per compilare un Rapporto ombra che metta in luce le violaizoni più significative dei diritti sanciti dalla Cedaw, e quelle aree dove l'intervento istituzionale è stato assente o contrastante con la Convenzione.
In via preliminare al Rapporto ombra, la piattaforma ha presentato una lista di temi critici sui quali focalizzare l'attenzione del Comitato.
Sulla scorta di queste segnalazioni, il Comitato ha posto al Governo alcuni chiarimenti riguardo ad aspetti più specifici. Le domande poste dal Comitato al Governo le trovate qui: http://www.scribd.com/doc/47718035/CEDAW-Committee-List-of-issues-and-questions-with-regard-to-the-consideration-of-sixth-periodic-report-of-Italy
A luglio, nella sessione 49ma, il Comitato CEDAW, presa visione del Rapporto Ombra che verrà consegnato dalla piattaforma italiana, e sentito il Governo, formulerà le sue Raccomandazioni finali all'Italia, che costituiranno (dovrebbero costituire!) le linee guida per le politiche di pari opportunità dei prossimi 4 anni.