martedì 19 gennaio 2010

COME UTILIZZARE LA CEDAW E LE LEGGI INTERNAZIONALI PER ELIMINARE LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE

Giovanna Fava -Di.Re Donne in rete contro la violenza- Onlus

Mi chiamo Giovanna Fava, sono avvocato di riferimento dell’associazione Nondasola che gestisce la Casa contro la violenza alle donnne di Reggio Emilia (Italia).
Era il secolo scorso, 1993, e proprio qui, a Vienna, la conferenza sui diritti umani sanciva il principio che i diritti delle donne e delle bambine sono parte integrante dei diritti umani.
Evidentemente la Universal Declaration of Human Rights proclamata dall’ONU il 10 dicembre 1948 non era stata sufficiente.
Ho provato a cercare le ragioni di questo e ho trovato che ci fosse un’errore fondamentale già nella traduzione del titolo: Universal Declaration of Human Rights è stato tradotto in francese «Déclaration Universelle des Droits de l’homme» anzichè «Déclaration Universelle des Droits humains» in Spagnolo «Declaracion Universal de derchos del hombre» anziché «Declaracion Universal de derchos humanos» in italiano « Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo» anziché «Dichiarazione Universale dei Diritti Umani» traducendo al contrario è come se il titolo originale fosse Universal Declaration of Men Rights ….
Tuttora nei siti web delle Nazioni Unite e dei singoli Stati noi troviamo queste traduzioni che falsano completamente il significato della Convenzione che è quello della difesa dei diritti inalienabili ed inviolabili di tutti i membri della famiglia umana.
Oltre a ciò la UDHR non aveva valore giuridico ed è stato necessario tradurne i principi in trattati legalmente vincolanti per i paesi che li ratificano.
Con la Convenzione CEDAW si è individuato uno strumento sovranazionale.
La Cedaw prevede un divieto di discriminazione asimmetrico: essa, infatti, tutela dalla discriminazione solo la donna. La concessione di questa particolare tutela al genere penalizzato, non costituisce a sua volta una discriminazione legislativa ma una necessità per la realizzazione di una effettiva parità tra i sessi.
La Cedaw (Convention on the Elimination of all forms of Discriminations Against Women) é stata approvata dall’assemblea ONU il 18 dicembre 1979, la ratifica da parte degli Stati fu piuttosto rapida tale da consentire la sua entrata in vigore il 3 settembre 1981.1
Molti Stati vi hanno già aderito2, essa, tuttavia, è ancora troppo poco conosciuta.
Ho provato a cercarne le ragioni e ho verificato che nel sito governativo italiano delle Pari opportunità si rinvengano i testi in italiano delle sole relazioni governative e non anche le raccomandazioni Cedaw.
Quelle che conosciamo è perché qualcuna di noi le ha cercate e trovate nel sito delle Nazioni Unite, tradotte e fatte conoscere3.
Nella Raccomandazione Cedaw numero 32 del 2005 si sollecitava il Governo italiano ad “accordare un’attenzione prioritaria all’adozione di misure onnicomprensive per affrontare la violenza contro le donne e le bambine in conformità alla relativa raccomandazione generale 19 sulla violenza contro le donne”. Il Comitato per l’applicazione della CEDAW già allora sottolineava “la necessità di attuare appieno e monitorare l’efficacia delle leggi sulla violenza sessuale e domestica, di fornire centri d’accoglienza, servizi di protezione e consultori per le vittime, punire e riabilitare i colpevoli, e provvedere alla formazione e sensibilizzazione dei pubblici funzionari, della magistratura e del pubblico”.
Ebbene nel discorso fatto Mara Carfagna, ministro italiano per le Pari opportunità, alla Conferenza Internazionale contro la violenza alle donne tenutosi pochi giorni fa a Roma, i Centri delle Donne e le associazioni femminili impegnate contro la violenza alle Donne non sono stati invitati e neppure citati, neppure DI.Re, Donne In Rete contro la violenza, che rappresenta i 54 centri antiviolenza operanti in Italia da maggior tempo.
La violenza contro le donne, noi diciamo, è un crimine contro l’umanità, ne consegue che tutta l’umanità deve farsi carico di risolverlo e gli Stati devono essere richiamati a garantire l’applicazione della Convenzione. A questo serve il Protocollo Facoltativo, esso stesso trattato internazionale soggetto a firma, ratifica o adesione da parte degli Stati che hanno sottoscritto la convenzione, che prevede la possibilità anche per i singoli di denunciare violazioni dei diritti stabiliti dalla CEDAW.
La procedura è semplice:
1- le denunce devono essere presentate in forma scritta ed è opportuno che avvengano nelle lingue ufficiali Onu : arabo, cinese, francese, inglese, russo, spagnolo;
2- la denuncia deve riguardare violazione dei diritti umani coperti dalla Convenzione e lo Stato coinvolto deve avere ratificato la convenzione e i protocolli aggiuntivi o avervi aderito;
3- la vittima della violazione deve rientrare nella giurisdizione dello Stato;
4- la denuncia non puo’ essere anonima, deve essere presentata dalla vittima, da un singolo o da un’organizzazione che agisca in suo nome o con il suo consenso e deve fornire il maggior numero possibile di informazioni;
5- non vi sono limiti di tempo per la presentazione della denuncia ma essa deve riferirsi a fatti accaduti dopo l’entrata in vigore del Protocollo nello Stato in questione;
6- devono essere esauriti tutti i percorsi giudiziari previsti nel paese interessato, oppure dimostrare che ciò avrebbe richiesto un tempo irragionevolmente lungo4;
7- la violazione non deve essere oggetto di esame da parte di altro organismo internazionale;
8- se la denuncia risponde alle precedenti condizioni il Comitato esaminerà preliminarmente la sua ammissibilità e poi stabilirà se i diritti umani di chi l’ha presentata siano stati violati, la decisione sarà comunicata alla persona interessata e allo Stato. Il Comitato di norma emette anche raccomandazioni specifiche su cosa lo Stato dovrebbe fare per portare avanti i necessari
cambiamenti e azioni risarcitorie.
Vi è da dire che nonostante il Protocollo facoltativo sia stato approvato dall’assemblea generale delle Nazioni Unite il 15 ottobre 1999 e sia entrato in vigore il 22 dicembre 20005 poche risultano essere le denunce che trattano casi di violenza presentate al Comitato Cedaw .
Eppure ognuna di noi denuncia il persistere nei confronti delle donne di violenza fisica, sessuale, economica, psicologica, molestie assillanti, femminicidio.
In Italia è stata recentemente introdotto il reato delle molestie assillanti – stalking- , normativa assente e di cui si sentiva il bisogno, tuttavia sono rimaste inascoltate le linee guida in materia, e le Raccomandazioni al Governo Italiano per l’applicazione della Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne. Non sono stati stabiliti finanziamenti governativi ai Centri Antiviolenza né predisposto un Piano nazionale per combatterla, né un Fondo per l’assistenza legale e il risarcimento alle vittime.
Due anni fa, il 17 ottobre 2007, nell’aula del Tribunale di Reggio Emilia Fejzo Clirim, un albanese residente in Italia da oltre 10 anni, sparava a me colpevole di difendere sua moglie Viosa nella causa di separazione, poi a Vjosa, uccidendola, il tutto davanti alle sue figlie e alle volontarie della Casa delle Donne che l’avevano accompagnata in Tribunale.
Le donne continuano ad essere uccise da mariti, padri, fidanzati.
Da allora troppo poco è stato fatto per evitare che le donne e le persone che le assistono, siano al sicuro, la nostra vita è ancora costantemente in pericolo.
Le procedure giudiziarie sono troppo lunghe e non vi sono sufficienti misure di protezione.
Propongo che la Convenzione, il Protocollo, e le linee guida per il ricorso al Comitato siano tradotte nel maggio numero di lingue possibili e pubblicizzate nei siti web favorendone la conoscenza e la presentazione del maggior numero di ricorsi possibili. E’ poi opportuno che il Comitato ordini agli Stati di tradurre e rendere pubbliche le proprie decisioni diffondendole in ogni settore della società, come nella decisione 5/2005 adottata nei confronti dell’Austria.

Riepilogo decisioni Comitato Cedaw:

1/2003

14 luglio 2004
B.J.
Germania
Si tratta di una denuncia di violazione della parità economica all’interno del matrimonio e come conseguenza del divorzio. Il Comitato dichiara che la denuncia è irricevibile in quanto i fatti e le procedure sono esauriti prima che lo Stato tedesco ratificasse il protocollo facoltativo (15 aprile 2002)

2/2003

26 gennaio 2005
A.T.
Ungheria
La donna lamenta la mancata previsione nel proprio stato di misure protettive efficaci ed urgenti. Il Comitato giudica ricevibile il ricorso, nota che l’assenza di misure di protezione non ha permesso allo stato di difendere e proteggere i diritti fondamentali delle donne ad essere libere da ogni forma di violenza compresa l’intimidazione e le minacce. Richiama lo Stato ad adottare misure immediate ed efficaci offrendo ad A.T. un luogo dove vivere con i suoi figli, far sì che riceva un sussidio alimentare ed un’indennità proporzionata ai danni psichici subiti e alla gravità delle violazioni dei suoi diritti

3/2004

25 agosto 2006
D.T.T.Nguyen
Paesi Bassi
La donna lamenta la violazione dell’art.11 paragrafo 2b della Convenzione perché usufruendo del congedo di maternità l’indennità corrisposta non copre il mancato guadagno.Il Comitato dichiara il ricorso ricevibile ma non riscontra violazione della Convenzione in quanto agli Stati è concessa una certa discrezionalità nel predisporre regimi differenti di assicurazione (con 2 pareri contrari).

4/2004

25 agosto 2006
M.A.S
(rappresentata dal Centro Europeo dei diritti dei Rom e dal Comitato di difesa delle
minoranze etniche)
Ungheria
La donna lamenta violazione degli articoli 10H , 12 e 16 paragrafo 1e) della Convenzione, per aver subito una sterilizzazione forzata da parte del personale medico in un ospedale ungherese con legatura delle Trombe di Fallopio.
Il Comitato dichiara il ricorso ricevibile, accerta la violazione, dispone che lo Stato riconosca alla donna una indennità appropriata alla gravità della violazione, prenda le misure affinché le disposizioni della Convenzione siano rispettate, riesamini le disposizioni legislative interne affinché consentano una effettiva conoscenza dei procedimenti di sterilizzazione, sorveglino i centri pubblici e privati per far sì che le pazienti siano pienamente consapevoli del tipo di intervento che viene loro praticato.

5/2005

10 agosto 2007
S.G.deceduta
Centro viennese di lotta contro la violenza in famiglia, Associazione per il diritto delle donne
alla giustizia
Austria
La donna austriaca di origine turca è stata piu’ volte aggredita dal marito nei cui confronti sono stati emessi ripetuti ordini di espulsione e ordini di divieto di avvicinamento che il marito ha violato fino ad uccidere la moglie davanti alle due figlie.
Il Centro lamenta la violazione degli artt.1,2,3 e 5 della Convenzione il quanto lo Stato non ha preso tutte le misure necessarie per proteggere i diritti e la vita della donna.
Il Comitato dichiara il ricorso ricevibile, accerta la violazione, dispone che lo Stato rafforzi l’applicazione e la sorveglianza del rispetto delle leggi federali per la protezione contro le violenze in famiglia e le disposizioni penali connesse e agisca per prevenire le violenze contro le donne, migliori il coordinamento tra polizia e giustizia, rinforzi i programmi di formazione e di educazione in materia di violenza domestica per giudici, avvocati, polizia. Lo Stato è anche invitato a pubblicare la decisione, tradurla in tedesco e diffonderla in ogni settore della società.

6/2005
10 agosto 2007
F.Y.deceduta Centro viennese di lotta contro la violenza in famiglia, Associazione per il
diritto delle donne alla giustizia
Austria
La donna, turca, prima di essere uccisa, è stata piu’ volte aggredita e minacciata di morte dal marito.
Il Centro lamenta la violazione degli artt.1,2,3 e 5 della Convenzione il quanto lo Stato non ha preso tutte le misure necessarie per proteggere i diritti e la vita della donna.
Il Comitato dichiara il ricorso ricevibile, accerta la violazione, dispone che lo Stato rafforzi l’applicazione e la sorveglianza del rispetto delle leggi federali per la protezione contro le violenze in famiglia e le disposizioni penali connesse e agisca per prevenire le violenze contro le donne, migliori il coordinamento tra polizia e giustizia, cooperi con le organizzazioni non governative che si occupano della protezione delle donne vittime di violenza, rinforzi i programmi di formazione e di educazione in materia di violenza domestica per giudici, avvocati, polizia. Lo Stato è anche invitato a pubblicare la decisione, tradurla in tedesco e diffonderla in ogni settore della società.

7/2005
10 agosto 2007
C.M.V.y Sainz de
Vicina
Spagna
La donna denuncia violazione dell’art.2 lettere c e f della Convenzione in ordine alla trasmissione del titolo nobiliare – contessa di Bulnes- che le è stato negato preferendole il fratello maschio.
Il Comitato dichiara il ricorso irricevibile in quanto anteriore all’entrata in vigore in Spagna sia del Protocollo facoltativo (6 ottobre 2001) che della stessa Convenzione (4 febbraio 1984).
Il Comitato afferma inoltre che il possesso di un titolo nobiliare non ha alcuna incidenza sul piano giuridico (parere contrario nel merito di 8 componenti del Comitato)

8/2005
3 febbraio 2006
R.K.
Rappresentata
dall’avv.Fatma Benli
Turchia
La donna è insegnante di religione e morale e porta un velo che le copre i capelli ed il collo, per tale motivo ha ricevuto dall’Istituto pubblico in cui insegna una nota ed una deduzione dallo stipendio.
Il Comitato dichiara il ricorso irricevibile in quanto precedente l’entrata in vigore del Protocollo facoltativo in Turchia (29 gennaio 2003)

10/2005
1° giugno 2007
N,F,S.
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord
La donna di origine pakistana, a seguito di divorzio dal marito violento, proveniente dal Cairo ha chiesto asilo in Gran Bretagna con i suoi due figli, diritto di asilo che è stato rifiutato.
Il Comitato dichiara il ricorso irricevibile in quanto non sono state esperite tutte le procedure interne dello Stato.

11/2006
2 febbraio 2007
C.R.S.
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord
La donna lamenta di essere vittima di discriminazione sessuale in quanto la legge 1984 del regno unito consente l’acquisizione della nazionalità britannica per filiazione paterna e non per filiazione materna.
Il Comitato dichiara il ricorso irricevibile in quanto i figli della donna sono nati nel 1954, mentre il Protocollo facoltativo è entrato in vigore nel Regno Unito in data 17 marzo 2004, essi sono maggiorenni e spetta loro il diritto di agire per ottenere la nazionalità, pertanto dichiara irricevibile il ricorso perché non sono state esperite tutte le procedure interne dello Stato.

15/2007
7 novembre 2008
Z.Z.Z
Rappresentata da Michel Arnold Collet
Paesi Bassi
La donna cinese, non ha istruzione, alla morte della nonna è stata maltratta, violentata e costretta alla prostituzione in Cina, condotta nei Paesi Bassi da trafficanti, si trova incinta e chiede asilo, la domanda viene respinta perché ella non ha dato precise spiegazioni sul suo viaggio dalla Cina ai Paesi Bassi.
Il Comitato dichiara il ricorso irricevibile in quanto non sono state esperite tutte le procedure interne dello Stato.
Parere contrario di 3 componenti il Comitato che ritengono non si tratta di mera procedura di richiesta di soggiorno e che lo Stato debba proteggere le vittime della tratta fornendo loro tutte le informazioni sui mezzi di protezione di cui possono disporre.

1 Ratificata dall’Italia il 10 giugno 1985, ordine di esecuzione dato con legge 14 marzo n.132, in vigore in Italia dal 10 luglio 1985.
2 Ad oggi sono 8 i Paesi che non l’hanno ancora ratificata: STATI UNITI, IRAN, SUDAN, SOMALIA, QATAR, ISOLE DI NAUPO, PALAU, TONGA, Altri quali l’Arabia Saudita l’hanno ratificata con riserva. Obama ha proposto la sua ratifica da parte degli Stati Uniti.
3 Per le raccomandazioni Cedaw al Governo italiano il merito è di Barbara Spinelli e la traduzione è reperibile sul sito http://www.giuristidemocratici.it/
4 il requisito corrisponde alla regola di diritto internazionale di “sussidiarietà” secondo cui sono gli stati nazionali che devono preliminarmente farsi carico di prevenire o porre rimedio alle violazione che avvengono sul loro territorio, solo dopo avere vanamente esaurito le vie disponibili la vittima puo’ rivolgersi ad una struttura internazionale
5 L’Italia ha ratificato il Protocollo in data 10 dicembre 1999, ed essendo il decimo Stato richiesto ne ha determinato l’entrata in vigore