giovedì 27 gennaio 2011

L'attuazione della CEDAW in Italia

di Barbara Spinelli

Se le discriminazioni basate sul genere e sull'orientamento sessuale persistono, è soprattutto perchè le Istituzioni hanno posto in essere azioni inefficaci e/o insufficienti per decostruire quegli stereotipi sul ruolo della donna che stanno alla base di ogni violenza e discriminazione, di ogni esclusione sociale delle donne.
Oggi più che mai noi donne italiane possiamo  affermare che se le discriminazioni basate sul genere e sull'orientamento sessuale sembrano acuirsi, è anche perchè esse vengono riproposte direttamente (con pensieri, parole opere e omissioni, verrebbe  sacrilegamente da afffermare) anche da coloro che, rappresentando le Istituzioni, dovrebbero invece adoperarsi per contrastarle.
L'Italia ha ratificato la CEDAW il 10.06.1985 e aderito al Protocollo Opzionale il 29.10.2002.
Gli Stati che hanno ratificato la CEDAW e le altre carte regionali a tutela dei diritti delle donne, si sono assunti un obbligo ben preciso: adoperarsi affinché le donne abbiano cittadinanza, ovvero affinché possano in concreto godere dei loro diritti fondamentali. Il che implica per lo Stato l’obbligo di attivarsi per rimuovere le situazioni discriminatorie non solo attraverso modifiche normative ma anche e soprattutto promuovendo un cambiamento culturale, riconoscendo che la libertà di scelta della donna, la sua integrità psico-fisica, sono valori assoluti, che vanno riconosciuti senza lasciar spazio a compromessi di tipo morale o religioso.
Per la sua specificità di genere, la CEDAW costituisce anche un importante strumento di lobby per richiamare le Istituzioni, nazionali e locali, ad una corretta gestione delle risorse riservate alle politiche di pari opportunità, e per verificare che gli obbiettivi delle politiche e delle riforme normative in materia di pari opportunità rispondano alle linee guida indicate periodicamente dal Comitato per l’applicazione della CEDAW.
Nel 2005, il Comitato per l'attuazione della CEDAW formulava queste raccomandazioni all'Italia: http://files.giuristidemocratici.it/giuristi/Zfiles/ggdd_20061122082612.pdf
Il Governo non le tradusse, nè le diffuse. Io per prima, insieme ai Giuristi Democratici, iniziai a denunciare questa grave inadempienza, grazie alla quale era possibile che le politiche in materia di pari opportunità nazionali continuassero a seguire traiettorie ed obiettivi assai lontani dalle priorità indicate dalla CEDAW.
Oggi, nel 2010, dopo che tale inadempienza è stata denunciata sia mediante una interrogazione parlamentare, sia all'ONU, la lista delle raccomandazioni è stata finalmente  pubblicata qui:
Nel dicembre 2010  il Governo italiano ha presentato il Rapporto periodico sulle azioni compiute per attuare la Convenzione. Ancora una volta, nè il rapporto è stato presentato pubblicamente, nè tantomeno è stato tradotto.
Qui trovate la versione ufficiale in inglese: http://www.scribd.com/doc/47717741/6rapportoItaliasullaCEDAW
Qui trovate una traduzione volontaria di Padovadonne: http://www.padovadonne.it/category/politica/cedaw/
Un nutrito gruppo di giovani attiviste riunite nella piattaforma  "Lavori in corsa" ( http://www.womenin.net/web/cedaw/ ) sta consultando la società civile per compilare un Rapporto ombra che metta in luce le violaizoni più significative dei diritti sanciti dalla Cedaw, e quelle aree dove l'intervento istituzionale è stato assente o contrastante con la Convenzione.
In via preliminare al Rapporto ombra, la piattaforma ha presentato una lista di temi critici sui quali focalizzare l'attenzione del Comitato.
Sulla scorta di queste segnalazioni, il Comitato ha posto al Governo alcuni chiarimenti riguardo ad aspetti più specifici. Le domande poste dal Comitato al Governo le trovate qui: http://www.scribd.com/doc/47718035/CEDAW-Committee-List-of-issues-and-questions-with-regard-to-the-consideration-of-sixth-periodic-report-of-Italy
A luglio, nella sessione 49ma, il Comitato CEDAW, presa visione del Rapporto Ombra che verrà consegnato dalla piattaforma italiana, e sentito il Governo, formulerà le sue Raccomandazioni finali all'Italia, che costituiranno (dovrebbero costituire!) le linee guida per le politiche di pari opportunità dei prossimi 4 anni.