giovedì 19 gennaio 2012

Violenza maschile, in aumento in Europa e nel mondo


Ogni giorno 7 donne vengono uccise dai propri partner o ex partner, la violenza maschile sulle donne è la prima causa di morte per le donne nel nostro continente. In Italia solo nel 2010 i casi di femminicidio sono stati 127: il 6,7% in più rispetto all’anno precedente. Di queste, 114 sono state uccise da membri della famiglia. In particolare, 68 sono state uccise dal partner e 29 dall’ex partner. Dunque, in più della metà dei casi il femmicidio è stato commesso nell’ambito di una relazione sentimentale, in corso o appena terminata, per mano del coniuge, convivente, fidanzato o ex. La maggior parte delle vittime è italiana (78%), così come la maggior parte degli uomini che le hanno uccise (79%). Solo una minima parte di questi delitti è avvenuta per mano di sconosciuti. Nella restante parte dei casi è avvenuto per mano di un altro parente della vittima o comunque di persona conosciuta. E’ uno degli aspetti più delicati su cui si concentra il “Rapporto Ombra” della società civile sulla condizione delle donne in Italia.

“I media spesso presentano i casi di femmicidio come frutto di delitti passionali, di un’azione improvvisa ed imprevedibile di uomini vittime di raptus e follia omicida – si legge nel rapporto – In realtà questi sono l’epilogo di un crescendo di violenza a senso unico e generalmente sono causati da un’incapacità di accettare le separazioni, da gelosie, da un sentimento di orgoglio ferito, dalla volontà di vendetta e punizione nei confronti di una donna che ha trasgredito a un modello comportamentale tradizionale”. Un ruolo che in Italia è ancora relegato a quello di madre e moglie, oppure di oggetto del desiderio sessuale. Secondo il rapporto, nel momento in cui la donna italiana cerca di uscire da questi schemi, nasce il rifiuto del partner maschile alla sua emancipazione “che si trasforma in forme di controllo economico, di violenza psicologica, di violenza fisica, e che può arrivare fino all’uccisione della donna”, secondo gli autori del rapporto.

A influire negativamente in termini legislativi son anche i tempi troppo lenti per ottenere il divorzio in un paese come il nostro. Devono trascorrere tre anni dalla prima udienza di richiesta di separazione per poter richiedere il divorzio. In questo lasso di tempo si intensificano gli atti di violenza. Spesso l’ex marito non si rassegna all’allontanamento dell’ex moglie e mette in atto “atteggiamenti persecutori e di controllo con un uso della forza nei confronti della donna e che possono portare sino all’omicidio della stessa”.

In Italia manca un’unica definizione legislativa delle discriminazioni di genere, che rispecchi quella già presente delle direttive europee. La bocciatura in Parlamento della legge contro l’omofobia ha lasciato un vuoto legislativo ancora aperto. “Se fosse stata approvata una legge di tutela dalle discriminazioni e dalla violenza indipendentemente dal genere di appartenenza e dalla propria scelta sessuale – si legge ancora nel rapporto – sicuramente si sarebbero potuti prevenire molti casi di aggressioni contro gay, lesbiche, transessuali e intersessuali che si sono verificati negli ultimi anni”. (rc)